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Intervento tenuto da M. Luisa d'Alessandro al CONVEGNO NAZIONALE 2003 CITTA' DELLA SCIENZA
  PROGETTO LAVIM - Laboratorio vivo della musica
  
  INTRODUZIONE
  Prima di entrare nel merito dell'argomento, desidero citare una frase di E. 
  Jaques-Dalcroze: "L'acqua sorgiva che lotta contro la resistenza delle 
  pietre e delle rocce, crea delle forme spesso più belle di quelle create 
  dallo sforzo paziente della pialla e del martello". Cosa vuol dire Dalcroze 
  con queste parole? Che spesso l'espressione musicale spontanea, ovvero l'improvvisazione, 
  può essere più bella di quella creata al tavolino con lavoro di 
  pazienza e riflessione, cioè la composizione.
  
  IMPRO E DIDATTICA MUSICALE
  In ambito didattico-musicale l'utilizzo di modelli improvvisativi dà 
  risultati di grande significato espressivo e di reale valore educativo. Questo 
  perché l'improvvisazione è esprimere un pensiero appena concepito; 
  cioè sviluppa un atteggiamento profondamente attivo nel momento in cui 
  si fa musica, sviluppa la rapidità di decisione e di realizzazione, di 
  concezione immediata delle strutture, di comunicazione diretta fra l'anima e 
  il cervello che concepiscono e le dita, la mani e le braccia o la voce che realizzano. 
  L'improvvisazione sviluppa capacità specifiche dell'ambito musicale, 
  che però investono anche la sfera formativa generale: attenzione, concentrazione, 
  memoria, capacità di analisi e sintesi, sviluppo della creatività 
  e della fantasia, coscienza di sé, autocontrollo, prontezza di riflessi.
  
  LAVIM
  Fra le proposte didattiche del progetto LaViM si trova una scheda che si intitola 
  "A scuola di improvvisazione". In questa scheda viene presentato un 
  percorso didattico-improvvisativo ricco di spunti immaginativi molto interessanti, 
  che prevede da parte degli alunni un atteggiamento sempre più indipendente 
  e attivo rispetto alle proposte musicali dell'insegnante: nella prima fase imitano 
  la proposta data, in una intermedia vengono condotti a rielaborare il modello 
  dato e infine vengono messi in condizione di proporre un'idea originale.
IMPRO E DIDATTICA STRUMENTALE
  L'improvvisazione viene impiegata anche nella didattica strumentale con risultati 
  molto soddisfacenti dal punto di vista formativo. Tutti gli aspetti formativi 
  di cui ho parlato riguardo all'improvvisazione nell'educazione musicale esistono 
  in quella strumentale, visto che l'educazione strumentale non può essere 
  scissa da quella musicale. In ambito strumentale, inoltre, l'improvvisazione 
  ci dà la possibilità di mettere in atto una didattica strumentale 
  dall'approccio più naturale e spontaneo di quanto non succeda nella didattica 
  tradizionale, quella con cui generazioni di musicisti sono state avvicinate 
  allo strumento. 
PERCHE'?
  La didattica tradizionale comincia con la lettura delle note. Uno dei motivi 
  che ci spingono a distaccarcene è la necessità di cercare vie 
  più vicine a quelle dell'approccio al linguaggio parlato; quando i bambini 
  imparano a parlare, infatti, lo fanno perché ascoltano gli adulti e li 
  imitano, non perché imparano prima a leggere l'alfabeto. Parallelamente, 
  è fondamentale che il bambino entri in contatto diretto con il suono, 
  con la differenza fra le altezze dei suoni, con le differenze di dinamica, di 
  agogica, di fraseggio, di articolazione ecc. prima di imparare i segni con cui 
  si indicano quegli elementi, e cioè prima di imparare la notazione. Infatti, 
  la notazione è solo un codice che sottintende la conoscenza del linguaggio 
  che esso esprime, a cui fa riferimento. In altre parole, la notazione non è 
  il suono, ma il segno con il quale noi indichiamo il suono. Del resto la storia 
  ci viene in aiuto, ad esempio, la notazione mensurale è nata quando la 
  pratica polifonica esisteva da tempo, come supporto all'esecuzione, per favorirne 
  la memoria ecc. L'improvvisazione ci permette de far musica dal primo momento 
  senza mediazioni 
PIANOFORTE
  In questo contesto si parla dell'approccio pianistico, ma i principi sui quali 
  si basa il processo descritto sono trasferibili anche agli altri strumenti, 
  sebbene il pianoforte abbia dei vantaggi che altri non hanno. 
  Apro una parentesi a questo proposito: 
  Vantaggi:
  - visivamente presenta caratteristiche molto chiare, come i tasti neri e bianchi, 
  cosa molto stimolante, per un bambino; 
  - timbricamente è molto vario; essendo formato da diversi materiali, 
  come i tasti, il legno, le parti metalliche e le corde stesse, possiamo trarne 
  timbri davvero diversi e numerosi, se spingiamo il bambino ad acquisire un'elasticità 
  mentale che gli faccia usare non solo i tasti, ma il pianoforte in ogni sua 
  parte;
  - ha possibilità espressive quasi illimitate, data l'estensione ampia 
  dei registri, i pedali, la dinamica, la polifonia 
  Fra i vantaggi ce n'è uno che è anche uno svantaggio, a lungo 
  andare, e cioè il fatto che il suono è lì già pronto; 
  è sufficiente premere un tasto e avremo un suono, il che costituisce 
  un elemento gratificante, un prodotto soddisfacente, per un principiante; però 
  il rischio è che lo studente non venga educato ad ascoltare e a curare 
  il proprio suono proprio perché lo ottiene così facilmente. E 
  succede che alcuni pianisti rimangano "sordi", non siano coscienti 
  del loro suono e non percepiscano differenze drammaticamente importanti come 
  quella che c'è fra staccato e legato, fra un fraseggio lungo e uno breve, 
  fra modo maggiore e modo minore ecc. Questo succede molto difficilmente per 
  gli strumentisti ad arco e a fiato, che lavorano sodo prima di ottenere un suono 
  apprezzabile.
  Svantaggi:
  - l'impossibilità di prolungare il suono con un crescendo.
  - non c'è contatto diretto fra l'esecutore e la produzione del suono.
  - le dimensioni che non facilitano l'appropriazione, l'interiorizzazione di 
  questo "oggetto sonoro". Spesso, anzi, rimane talmente al di fuori 
  per tutto il corso di studi che molti lo abbandonano subito dopo il diploma. 
  Quest'ultima è un'ulteriore ragione per stimolare un approccio che implichi 
  una relazione fisica stretta fra il bambino e lo strumento, un approccio non 
  mediato.
COME?
  Vediamo in che modo possiamo farlo: lavorando in gruppo, perché il gruppo 
  stimola, fa crescere, rende attenti. Inoltre ci si serve di un linguaggio fatto 
  di suoni non strutturati secondo schemi armonico-melodici prestabiliti; quindi 
  non sarà né linguaggio tonale, né modale, né pentafonico, 
  ma solo il suono che risulta dal gesto dei bambini.
FASE ESPLORATIVA
  La prima fase è esplorativa, cioè si presenta lo strumento come 
  un oggetto da scoprire. Si porteranno i bambini a conoscere le possibilità 
  espressive dello strumento, a trarre suoni dai diversi materiali adoperando 
  non solo le dita, ma anche le mani, le avambraccia, i pugni chiusi, in tutti 
  i modi utili servendoci di più linguaggi extra musicali paralleli, vale 
  a dire:
  - del movimento, che è un tramite efficacissimo per la comprensione e 
  la interiorizzazione del ritmo e dei parametri musicali 
  - di suggestioni immaginative, che ci aiutano a collegare l'oggetto che vogliamo 
  far conoscere ai bambini con il loro bagaglio di esperienze quotidiane 
  Avremo così suoni singoli, cluster, glissando e quant'altro il gruppo 
  potrà inventare. Non è difficile per un maestro creativo che conosca 
  i bambini guidarli nei loro progressi sulla tastiera, immaginando piccoli giochi 
  con tutti i parametri del linguaggio musicale, (la dinamica, l'agogica, il fraseggio, 
  le articolazioni, i registri). Si può far notare che le dita camminano 
  sulla tastiera come pesanti camion o come veloci automobili da corsa; stimoleremo 
  gli spostamenti in altezze e in larghezza immaginando che lemani saltino sui 
  tasti come martelli; faranno balzi come fossero pulci; saltelleranno come passeri; 
  si chiudono gli occhi lasciando le dita andare da sole; si salta sui tasti al 
  ritmo di una canzone conosciuta; si accelera, si rallenta per imitare un treno 
  che parte e poi si ferma in una stazione; si immaginano dei dialoghi fra le 
  mani; e liti fra le mani in cui parlano contemporaneamente; si imita il cinguettio 
  degli uccelli e il passo pesante dell'orso.
  
  FASE SUCCESSIVA: dalla fase esplorativa, si passa spontaneamente a quella in 
  cui mettiamo in relazione fra loro gli elementi che abbiamo scoperto: per esempio 
  una sequenza di cluster suonati forte e una sequenza di suoni singoli suonati 
  piano; oppure staccato e forte, legato e piano; si può stimolare un'ulteriore 
  abilità col principio della dissociazione, chiedendo di fare ciò 
  che non viene spontaneo, per esempio cluster suonati piano e suoni singoli forte; 
  sviluppare un'idea a 4 mani chiedendo a uno dei due esecutori di imitare quel 
  che fa l'altro; poi chiedendogli di fare il contrario di quel che fa l'altro. 
  Le attività in duo o d'insieme sviluppano capacità di ascolto, 
  analisi, memoria, di pronta reazione
  
  FORME: Nascono così forme musicali vere e proprie come AB, ABA, RONDO'. 
  Una volta che dal lavoro di gruppo è nata un'idea è importante 
  parlarne, ovvero che i bambini ne parlino stimolati dall'insegnante per avviare 
  il processo di comprensione di ciò che si è creato e da cui possiamo 
  trarre principi di carattere generale, secondo la legge per cui la teoria deriva 
  dall'esperienza diretta e non viceversa. Per facilitare questo processo è 
  utile servirsi di supporti grafici. (Ad esempio, se si vuole che la classe assimili 
  il concetto di rondò, si può rappresentare questa forma attraverso 
  un triangolo che si alterna con il cerchio, il quadrato, il rombo ecc.; oppure 
  una mela che si alterna con pere, ciliegie, ananas e loro stessi). Poi possiamo 
  stimolare la produzione grafica da parte dei bambini per esprimere un prodotto 
  del lavoro fatto e servirci di quello per memorizzarla, per rieseguirla, come 
  una sorta di notazione spontanea.
  
  MOTIVAZIONE: Quando il bambino si è reso conto che le sue dita, le sue 
  mani, le sue braccia hanno una propria vita allora si sarà svegliata 
  la sua volontà, così l'immaginazione; da questo momento il maestro 
  può tentare di dare spiegazioni, dare regole, esigere una certa disciplina. 
  Il bambino non si annoierà, anzi. Infatti, dal momento che la curiosità 
  infantile si è svegliata le domande si moltiplicano ed entra in gioco 
  l'amor proprio: il bambino esigerà dalle sue dita prestazioni sempre 
  più grandi. Questo è il momento che tutti gli insegnanti aspettano: 
  il momento in cui l'allievo trova dentro di sé la motivazione a fare 
  ciò che l'insegnante vuole che lui faccia.
  
  LAVIM: Nella scheda dell'attività che si intitola "Un magico giocattolo 
  sonoro", si trova un esempio di percorso didattico strumentale di questo 
  genere. Si articola in 4 attività che partono dall'esplorazione e arrivano 
  alla sonorizzazione di una storia inventata dai bambini attraverso l'improvvisazione 
  pianistica. 
  L'attività improvvisativa di gruppo in genere precede e poi affianca 
  lo studio tattile strumentale e rimane importante per tutto il corso di studi. 
  Anche in età adulta, infatti, l'improvvisazione concorre a tenere sveglia 
  la coscienza e la capacità di analisi di ogni tipo di musica che si ascolti 
  o che si suoni. 
  Concludo con un'altra importante affermazione di Dalcroze: Sono rari i maestri 
  di pianoforte che, nelle lezioni che impartiscono ai bambini, sappiano trovare 
  il tempo di far precedere gli studi puramente tecnici da esercizi destinati 
  a sviluppare in senso generale la loro musicalità e a indurre in loro 
  il desiderio di esprimere i propri sentimenti sul pianoforte. L'educatore deve 
  costantemente cercare di svegliare i sentimenti degli allievi e di suscitare 
  in loro il bisogno di tradurli e di dar loro una forma.
  
  BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
  E. J. Dalcroze: Il ritmo, la musica, l'educazione (a cura di Louisa Di 
  Segni, Ed. ERI)
  E. J. Dalcroze: Souvenirs. Notes et critique (Ed Victor Attinger, Paris) 
  
  E. J. Dalcroze: Le rythme et nous (Ed. Slatkine - Genève)
  J. Paynter: Suono e struttura (EDT)
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